Dal 23 agosto all’11 settembre si fronteggiarono 1.200.000 russi e 1.000.000 austro ungarici – I primi persero 225.000 uomini, i secondi 300.000 uomini

image

Vale la pena ricordare la battaglia di Tannerberg, che abbiamo raccontato in una puntata precedente, perché aveva rivelato una verità pragmatica: i Russi contavano sulla quantità dei propri uomini, l Tedeschi sulla capacità di manovra.
Quella che per i Russi stava per diventare una vittoria schiacciante sul Reich Tedesco, si tradusse invece in una terribile disfatta. Il genio di Hindenburg aveva avuto il sopravvento appena i nemici commisero l’imprudenza di offrirgli il fianco.
Il generale tedesco aveva atteso con pazienza l’errore e scattò come un leone sulle armate zariste che, colte di sorpresa in quanto prive di osservatori aerei e di terra, si fecero cogliere dal panico e sfuggirono a ogni controllo dei comandi.
Fu uno sfacelo spaventoso.
Presi di fronte e alle spalle, i reggimenti zaristi cercavano di aprirsi la via con la baionetta. Senza pane e senza cartucce, stremati dalla fatica e dal digiuno, quegli uomini si battevano col coraggio della disperazione, coprendo il terreno di migliaia e migliaia di cadaveri.
Alcuni reparti dimostrarono un eroismo tanto sublime quanto vano, altri gettarono le armi, altri ancora si abbandonarono agli eccessi della esasperazione.
Alcuni corpi della povera armata perdettero, letteralmente, fino all’ultimo uomo.
Altri vennero ridotti a meno della metà degli effettivi.
I superstiti, riusciti chissà come a trovare un varco, fuggivano senza zaino e senza fucile, insensibili a qualunque richiamo.
Questa la Germania. Di tutt’altra pasta l’Austria Ungheria.
 

 
La guerra fra l’Austria e la Russia poté dirsi caratteristica per l’affinità dei belligeranti.
I più vasti imperi d’Europa erano due colossi agonizzanti che, quasi presagendo la loro fine prossima e fatale, avevano preso le armi, non già per coraggio ma per la paura dei loro problemi interni sempre più acuti.
Se l’esercito zarista era travagliato dai mali profondi della propria società, quello austro ungarico soffriva in compenso per altre cause dalle quali derivavano effetti poco dissimili.
Disciplinatissime, bene armate, istruite e organizzate in modo lodevole, le truppe di Francesco Giuseppe però di coesione morale e aggressività.
Gli Ungheresi ben conoscevano la necessità di preservare il loro paese dall’invasione dei cosacchi. E i tedeschi della duplice monarchia partecipavano con ardore al conflitto che sentivano proprio.
Ma gli Italiani e gli slavi non avevano ragione alcuna per versare il loro sangue in difesa dell’oppressore odiato.
Insieme con la strategia bellica, gli alti comandi dovevano svolgere, per così dire, una strategia interna impegnata a tener conto della nazionalità dei reparti, dei sentimenti e dei risentimenti onde erano divise le masse ai loro ordini, delle ripercussioni sentimentali di ogni loro disposizione.
 
Se nella mobilitazione la Russia fu lenta per sua natura, l’Austria lo fu poco meno per la propria costituzione multietnica. I russi furono in buona parte pronti il 20 agosto, gli Austro Ungarici lo furono pronti a marciare solo il 19 agosto.
I condottieri magiari volevano impegnarsi a sud, gli austriaci a settentrione.
I Trentini, gli Altoatesini e i Tirolesi furono richiamati già il 9 agosto, ma per due settimane non fecero nulla.
Mancava comunque un condottiero capace di imporsi per meriti eccezionali, come Eugenio di Savoia (Prinz Eugen che batté i turchi sul Danubio) e Montecuccoli (Guerra dei Trent’anni). Conrad godeva solo del favore dell’imperatore, ma non era eticamente dotato né tecnicamente attrezzato.
Basti pensare che, di fronte alle masse oceaniche messe in campo dalla Russia, ebbe il coraggio di chiedere all’Italia l’invio di cinque divisioni.
Ovviamente lo fece in virtù della Triplice Alleanza, dimenticando però due fatti. Il primo è che nel 1908, quando l’Italia fu messa in ginocchio dal Terremoto di Messina (100.000 morti), aveva proposto all’Imperatore Francesco Giuseppe di effettuare un «attacco preventivo» all’Italia. Azione che non venne presa in considerazione dall’Imperatore.
Il secondo è che alla morte del Capo di Stato maggiore del Regio Esercito Italiano, generale Alberto Pollio (1 luglio 1914), era subentrato il generale Luigi Cadorna che – figlio del generale Raffaele – era chiaramente nemico della corona Danubiana.
 

 
Il comando dell’armata destinata a contrastare i russi venne affidata al generale Dankl, il cui concetto operativo era quello di puntare su Lublino (città della Polonia Orientale che allora aveva 200.000 abitanti della Polonia orientale) incalzando a destra lo schieramento russo e avvolgere così gli avversari in modo da costringerli alla ritirata verso Pinsk (oggi in Bielorussia) e prendere Varsavia senza colpo ferire.
In questo modo gli austroungarici si potevano disporre lungo la Vistola e congiungersi con l’armata prussiana.
Di fronte alla minaccia nemica, il generale russo Ivanov decise di attuare un principio militare ben sperimentato: difendersi attaccando.
Questa prima battaglia d’incontro tra le truppe di Dankl e di Ivanov incominciò il 23 agosto e si chiuse con la sconfitta dei russi, costretti a ritirarsi su tutto il fronte.
Questa vittoria rinfrancò Vienna, che non vinceva battaglie dai tempi di Custoza. Il comando supremo incalzò Dankl, che si trovava nella possibilità di avvolgere le truppe russe.
Ma anche i russi avevano capito la situazione e il comandante supremo russo Nicola Nicolajevich si dimostrò più abile del collega Conrad nel manovrare masse così grandi. Ordinò all’armata schierata per difendere Varsavia di intervenire e ostruire la breccia che Dankl aveva aperto.
  
Questa pianificazione, in apparenza brillante, tuttavia non teneva nel giusto conto i contemporanei progetti dello stato maggiore tedesco e minimizzava il pericolo rappresentato dalle dimensioni dell’esercito russo.
Fu necessario rinforzare gli effettivi ed entro il 30 agosto lo schieramento austriaco era stato rinforzato dall’arrivo di nuove truppe dai Balcani e dalla costituzione di una nuova 2ª Armata nel settore meridionale della linea. Il generale von Brudermann disponeva ora di quattordici divisioni di fanteria e 828 cannoni.
Il generale tuttavia era pessimista e disse al generale Conrad che le forze russe godevano ancora di una grande superiorità numerica. In effetti i generali Russkij e Brusilov stavano marciando lentamente verso ovest con ventidue divisioni e 1.304 cannoni.
Il generale Conrad non sembrò molto impressionato dagli avvertimenti del suo subordinato. Anzi, ritenendo che il nemico, che avanzava con grande prudenza, non fosse così forte, ordinò di passare all’attacco impegnando anche la nuova 2ª armata del generale Eduard von Böhm-Ermolli.

La decisiva battaglia di Gnila Lipa, dal 29 e 30 agosto 1914, ebbe inizio con una serie di deboli attacchi degli stanchi reparti di fanteria austro-ungarica che, scarsamente sostenuti dal fuoco dell’artiglieria, incapparono nelle armate russe di forza numerica quasi doppia.
I russi attaccarono in massa. Lo stesso granduca Nicola era intervenuto sollecitando il generale Ivanov a passare all’offensiva generale in direzione di Leopoli con la 3ª Armata del generale Russkij e l’8ª Armata del generale Brusilov.
L’attacco russo alla linea austriaca del Gnila Lipa diede luogo ad aspri combattimenti e le truppe austriache si trovarono in grave difficoltà.
I generali von Brudermann e Böhm-Ermolli dovettero ordinare la ritirata dopo aver subito pesanti perdite; molti reparti della 3ª Armata austriaca furono distrutti e i russi catturarono 20.000 prigionieri e 70 cannoni. I reparti superstiti si ritirarono in condizioni difficili e con continui combattimenti per sfuggire agli inseguitori.
Il generale Ivanov ordinò subito al generale Russkij di marciare direttamente su Leopoli per sfruttare la netta vittoria della battaglia di Gnila Lipa, mentre il generale Conrad dovette finalmente ammettere che la sua ala destra aveva di fronte un nemico molto più numeroso e potente.
 

 
Nonostante la grave sconfitta nella Galizia orientale, il capo di Stato maggiore austro-ungarico tuttavia rimaneva fiducioso. Egli riteneva che la sua ala settentrionale avesse ormai raggiunto un successo decisivo contro la 4ª e 5ª Armate russe e che quindi fosse possibile organizzare un vasto trasferimento di truppe a sud per ribaltare la situazione sul fronte meridionale.
Il 1º settembre 1914 quindi il generale Conrad diramò nuovi ordini che prescrivevano alla 3ª e 2ª Armata austriache, pesantemente battute sul fiume Gnila Lipa, di continuare a ripiegare cercando di guadagnare tempo ed «eventualmente» abbandonando anche Leopoli.
Nel frattempo la 4ª Armata del generale Auffenberg sarebbe stata ritirata dal settore settentrionale e avrebbe marciato verso sud per attaccare sul fianco destro le forze russe della 3ª Armata del generale Russkij vittoriose nelle battaglie del 26 e 30 agosto.
Le disposizioni tattiche del generale Conrad prevedevano che la 3ª Armata austriaca, di cui avrebbe preso il comando il generale Svetozar Borojevic al posto dello sconfitto Brudermann, e la 2ª Armata del generale Böhm-Ermolli si sarebbero schierati a ovest di Leopoli sulla linea del fiume Wereszyca, mentre il generale Auffenberg sarebbe sbucato da nord passando per Rava-Rus’ka.
  
I nuovi piani del generale Conrad, in apparenza audaci e brillanti, erano irrealistici e non tenevano conto della situazione concreta delle sue armate. Il comandante in capo austro-ungarico sembrava ignorare che la 4ª Armata del generale Auffenberg era già estenuata e indebolita dalle prime battaglie e che quindi non sarebbe stata in grado di eseguire con successo l’ambiziosa manovra avvolgente prevista, mentre la 3ª Armata era uscita quasi distrutta dai combattimenti in Galizia orientale e dalle continue ritirate.
È possibile che il generale Conrad, informato dalla grande vittoria tedesca in Prussia orientale nella battaglia di Tannenberg (di cui sopra), ritenesse necessario, anche per ragioni di prestigio di fronte all’alleato germanico, dimostrare la potenza dell’esercito imperiale e reale raggiungendo un successo altrettanto brillante in Galizia.
Nella situazione reale dell’estate 1914 i progetti del generale Conrad erano destinati al fallimento di fronte alle forze russe superiori e in ulteriore aumento numerico.
 

 
Nel frattempo il generale Russkij aveva raggiunto e investito le difese esterne di Leopoli, ormai abbandonata dalle forze nemiche.
Dopo aver perso tempo per occupare prudentemente i forti esterni della piazzaforte, il comandante della 3ª Armata entrò finalmente con le sue truppe a Leopoli il 3 settembre.
Il generale Ivanov dal quartier generale del Fronte Sud-Occidentale e il granduca Nicola dallo Stavka di Baranovici diramarono nuovi ordini ai generali Russkij e Brusilov per completare la vittoria e distruggere tutte le forze austro-ungariche.
Il generale Russkij avrebbe dovuto distaccare un corpo d’armata verso nord mentre il resto della sua armata avrebbe marciato immediatamente verso nord-ovest, protetta a sud dall’8ª Armata del generale Brusilov.
Contemporaneamente l’ala settentrionale del Fronte Sud-Occidentale, riorganizzata e rinforzata dopo gli insuccessi iniziali, sarebbe passata all’attacco da nord.
Era inoltre in arrivo anche la nuova 9ª Armata del generale Platon Lecinskij che dalla Vistola avrebbe attaccato in direzione del fiume San sul fianco sinistro scoperto dell’esercito austro-ungarico.
 
Mentre la 1ª Armata austro-ungarica del generale Dankl continuava la sua lenta avanzata e raggiungeva il 1º settembre la periferia della città di Lublino esponendosi pericolosamente ad attacchi sul fianco dal fiume San, il generale Auffenberg aveva iniziato con gran parte della sua armata la difficile marcia verso sud-est in direzione di Rava Rus’ka prevista dal piano del generale Conrad, ma queste truppe, stanche e indebolite dalle perdite subite, incapparono il 3 settembre nelle forze russe del generale Russkij in marcia verso nord-ovest e la battaglia di Rava Rus’ka iniziò subito con una lotta frontale costosa e senza esito.
Mentre questi logoranti scontri proseguivano per alcuni giorni, la situazione degli austriaci sembrò migliorare più a sud dove i resti della 3ª Armata al comando del generale Borojevic e la 2ª Armata del generale Böhm-Ermolli, rinforzata dall’arrivo dell’IV corpo d’armata proveniente dai Balcani, tra il 7 e il 9 settembre ottennero alcuni successi e misero in difficoltà l’8ª Armata del generale Brusilov che dovette cedere alcune posizioni.
Queste notizie rinsaldarono la fiducia del generale Conrad che quindi decise di continuare la battaglia nonostante l’andamento sempre più disastroso per gli austro-ungarici dei combattimenti nei settori settentrionale e orientale.
 
Il generale Ivanov stava continuamente rinforzando le sue armate con l’arrivo di nuove riserve ed aveva deciso di sferrare un’offensiva decisiva a tenaglia da nord-ovest e da sud-est per accerchiare e distruggere completamente l’esercito nemico.
Mentre a est il generale Russkij stava continuando la battaglia a Rava Rus’ka contro il grosso della debole 4ª Armata austriaca del generale Auffenberg, la 1ª Armata austriaca del generale Dankl rischiava di essere schiacciata dalla 9ª Armata del generale Lecinskij proveniente dalla Vistola e dalla 4ª Armata del generale Evert che aveva ora a disposizione quattordici divisioni e 900 cannoni contro le tredici divisioni austriache con soli 558 cannoni.
Gli austro-ungarici avevano ricevuto di rinforzo dalla Slesia un debole corpo d’armata tedesco al comando del generale Remus von Woyrsch, che tuttavia era costituito da riservisti scarsamente equipaggiati. La 1ª Armata austriaca venne attaccata sui fianchi, sconfitta e respinta indietro verso Krasnik.
 

I generali austro ungarici Franz Conrad von Hötzendorff e Viktor Dankl.
 
La situazione delle forze austriache nel settore settentrionale divenne ancor più critica per l’offensiva sferrata dalla 5ª Armata russa del generale Plehve che, potentemente rinforzata, attaccò con due corpi d’armata il solo corpo d’armata austriaco rimasto sul posto dopo lo spostamento del grosso della 4ª Armata del generale Auffenberg verso sud.
Inoltre il generale Plehve riuscì ad avanzare con due altri corpi d’armata in un varco delle difese, minacciando di colpire alle spalle la 4ª Armata austriaca in combattimento a Rava Rus’ka.
Entro il 9 settembre le forze austriache nel settore settentrionale stavano crollando sotto gli attacchi russi: il debole corpo d’armata dell’arciduca Giuseppe Ferdinando, intervenuto per coprire le retrovie dell’armata del generale Auffenberg, venne decimato e alcuni reparti austriaci si disgregarono sul terreno paludoso.
Più a ovest la 1ª Armata austriaca del generale Dankl subì una pesante sconfitta e uno dei suoi corpi d’armata venne distrutto a Sukhodoly da tre corpi d’armata russi. Anche il corpo d’armata tedesco del generale von Woyrsch l’8 settembre era stato battuto e respinto oltre la Vistola dopo aver perso 8.000 uomini.
 

I generali russi Nikolaj Yanuškevič e Vladimir Suchomlinov.
 
L’11 settembre il generale Conrad, dopo il fallimento di un ultimo attacco della 3ª e della 2ª Armata oltre il fiume Wereszyca e la conferma da parte dell’Alto comando tedesco che per il momento non sarebbe stato possibile inviare ulteriore forze sul fronte orientale, dovette ammettere la sconfitta e ordinare la ritirata generale.
Dall’intercettazioni delle comunicazioni russe, si era appreso che il generale Ivanov stava sviluppando una vasta manovra strategica per accerchiare completamente le forze austro-ungariche.
La cavalleria russa stava già avanzando in profondità e metteva in pericolo gli stessi quartier generali delle divisioni austriache.
L’arciduca Federico, comandante in capo nominale, e il generale Conrad intendevano inizialmente ripiegare fino alla linea del fiume San, ma la situazione generale sempre più critica e le notizie dell’avanzata della 4ª Armata del generale Evert sul fianco sinistro, costrinse il capo di stato maggiore a continuare la ritirata verso ovest.
 
La vittoria russa ebbe notevole importanza politico-strategica perché rinsaldò il morale delle popolazioni dell’Impero zarista nonostante la pesante sconfitta di Tannenberg contro i tedeschi in Prussia orientale.
Per contro, a causa delle dure perdite e della lunga ritirata, l’esercito austro-ungarico subì un indebolimento irreversibile della sua forza e della sua coesione.

GdM

Si ringrazia Wikipedia per le immagini.

Comments

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.