Nov
9
di Paolo Piffer
TRENTO
Per evitare di finire in prima linea, sul fronte orientale in Galizia, come successo a molti altri, condannato a morte certa, si era rinchiuso per ore, nudo, dentro uno dei cessi del campo di internamento di Katzenau, alla periferia di Linz, in Austria, dove erano segregati gli irredentisti o comunque i sospetti di sentimenti filo italiani. Invisi alla monarchia asburgica. Era inverno, la temperatura ben sotto lo zero. Si prese la broncopolmonite. E in seguito anche la Tbc, le cui conseguenze patì per anni. Ma al fronte non venne spedito. Impossibilitato anche a morire sotto il fuoco nemico ma di cui abbracciava la causa. Benvenuto Dellai era nato a Sant’Agnese, sopra Civezzano, figlio di un agricoltore piuttosto benestante che però dilapidò al gioco gran parte del patrimonio di famiglia. Allevato da una zia, grazie a sussidi e borse di studio, o comunque si chiamassero, messe a disposizione dall’Impero austro-ungarico per i suoi giovani sudditi più brillanti negli studi, riuscì a laurearsi in legge all’università di Innsbruck e a diventare avvocato. Giovanna Dellai (nessuna parentela con l’ex governatore ed ora deputato), per oltre 40 anni professoressa di tedesco tra Trento e Rovereto, ora in pensione, è la nipote dell’avvocato. E’ lei che ha fatto avere al giornale le foto, finora inedite, che oggi pubblichiamo e che furono scattate nel campo di Katzenau. Perlopiù clic di gruppo dove il nonno non manca ma anche uno scatto in cui è ritratto seduto su una sedia mentre sta fumando una lunga pipa. «Non ricordo che in famiglia il periodo di internamento del nonno fosse un argomento all’ordine del giorno – riflette – Anche perché fu certamente un momento della sua vita particolarmente difficile e doloroso e che non amava ricordare. E poi io ero giovane e avevo ben altre cose per la testa. Magari qualcosa mi sarà pure sfuggita». Pure sui suoi sentimenti irredentistici, di come si fossero sviluppati e maturati nel tempo, la signora Giovanna non sa più di tanto anche perché «il nonno non ne ha mai parlato, almeno a me direttamente», afferma. Ma di molti altri particolari ha una memoria precisa, perché frutto di racconti tra le mura di casa se non dalla viva voce del nonno. Benvenuto Dellai esercitava la professione a Mezzolombardo, al tempo importante piazza d’armi austro-ungarica, diede anche lezioni di diritto al figlio di un generale. Conobbe Elma Trentini, direttrice dell’albergo dove alloggiava, discendente di una famiglia facoltosa. Si sposarono. Nel 1915, quando il Regno d’Italia entrò in guerra contro l’lmpero asburgico, l’avvocato fu prelevato e portato a Katzenau come tanti altri trentini, più di 1700. La moglie, con il figlio piccolo, Mario, futuro papà della professoressa Giovanna, finirono invece profughi a Innsbruck. Una famiglia divisa per quanto la signora Dellai riferisca che Elma Trentini facesse spesso visita al marito portandogli da mangiare, raccogliendo per strada viveri dai contadini della zona nonostante da Innsbruck a Katzenau ci fossero oltre 300 chilometri che a quel tempo, e con la linea ferroviaria dell’epoca, pare difficile potessero essere percorsi di frequente. «Il nonno diceva spesso, questo sì lo ricordo – continua la signora – che gli Asburgo fecero un grave errore a dichiarare guerra e a farla scoppiare perché ridussero il Paese alla fame, Trentino compreso. Ma era pure convinto che l’Italia avrebbe avuto Trento e Trieste anche senza entrare nel conflitto». A Katzenau furono rinchiusi uomini e donne irredentisti o comunque filo italiani ma pure anziani e bambini. E’ certo che ci fosse anche una baracca dove erano state portate diverse prostitute frutto di una sorta di “rastrellamento”. E se di foto del campo ce ne sono parecchie, a centinaia, per quanto il controllo e il filtro sugli scatti ci fosse, di quella baracca non si ha alcun ritratto. Il campo venne chiuso dopo la morte di Francesco Giuseppe, quando salì al trono Carlo I, l’ultimo imperatore d’Austria-Ungheria. Del dopoguerra, dell’avvento del Ventennio, Giovanna Dellai non ha dubbi sulla fede politica del nonno.
«Fu un fascista convinto – dice – Però, ad un certo punto strappò la tessera del partito». E ricorda anche il momento, così come gli è stato riferito. Fu quando il figlio Mario, suo papà, diventato pilota, ufficiale d’aviazione che in seguito sarebbe stato abbattuto nei cieli di Gabes in Tunisia nel corso del secondo conflitto mondiale, comunicò a Benvenuto di aver avuto l’ordine di mitragliare dall’alto uomini inermi durante la guerra coloniale nel Corno d’Africa. L’avvocato Dellai, tornato da Katzenau, riprese ad esercitare la professione a Trento. Morì nel 1965. Quelle foto sono rimaste in famiglia, custodite gelosamente. Tappezzano i muri del salone della casa di Sant’Agnese insieme a molte altre del padre in divisa da aviatore. «E pensare che prima di morire il nonno fece delle riflessioni che mi stupirono abbastanza, vista la sua storia. Mi disse – conclude Giovanna Dellai – che, alla fin fine, sotto l’Austria si viveva meglio che in Italia, paese dove c’erano ormai troppe tasse».
(Si ringrazia per la collaborazione Vanni Bevivino)
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