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(Corbis)
Se immaginassimo un’Italia a misura delle ormai sepolte velleità secessioniste della Lega Nord scopriremmo confini sorti quando gli arcavoli di Umberto Bossi erano già nati. Confini storici determinati in tempi relativamente recenti (lo spartiacque è il Congresso di Vienna) ma che contano molto più della tradizione druidica. Non c’è troppo da stupirsi, dunque, per quello che sta avvenendo in Ucraina, dove venti di secessione e cingoli di carri armati percorrono confini non solo linguistici o economici ma soprattutto storici. Né sorprendono le manifestazioni antisemite.
Non occorre andare troppo lontano: se, a prescindere dalla complessa storia medioevale dell’Ucraina, confrontiamo i confini tracciati nel 1793 con le separazioni definite dalle elezioni del 2010, troviamo una coincidenza quasi perfetta:
1) a ovest la parte che dal medioevo era polacca ed era stata assegnata nel 1793 alla Russia e all’impero asburgico è quella dove i partiti pro Ue hanno trionfato;
2) al centro, culla dei Cosacchi del Dniepr da sempre oppositori della sudditanza alla Russia (Mazeppa ne è il simbolo), predominano comunque i pro-Ue;
3) Mentre a Est, da dove è arrivata la progressiva avanzata russa a partire dal 1640 in un territorio allora scarsamente popolato, il voto è stato pro Yanukovich. E nel 1793, proprio mentre Asburgo e Romanov si spartivano la Polonia, i secondi consolidavano, sconfiggendo la Turchia, l’occupazione dell’enorme khanato di Crimea, abitato da russi e tatari e che comprendeva anche tutta la costa del Mar Nero con Odessa.
Una rappresentazione grafica abbastanza chiara di queste divisioni si può trovare al link del Guardian.
Questa tripartizione, perché storicamente e geograficamente si tratta di questo, a partire dalla fine del XVIII secolo venne quindi ricoperta dall’ampio mantello russo (con la sola eccezione della parte asburgica, coincidente a grandi linee con l’ex principato di Galizia e assorbito dalla rinata Polonia nel 1918).
Ma è l’anno della rivoluzione, il 1917, che marca profondamente la rinascita del nazionalismo ucraino: un mese dopo l’abdicazione dello Zar l’Ucraina (ma anche la Galizia, per proprio conto) proclama l’indipendenza e si affida al governo della Rada, il primo Parlamento eletto liberamente.
Qui è Simon Petliura ad assumere il ruolo di uomo forte e a imporre dal 1918 una dittatura antibolscevica ma anche antizarista e antisemita. Tra il 1917 e il 1921 si succedono a Kiev numerosi governi e occupazioni (forse il modo migliore per capirne la portata è leggere La guardia bianca di Michail Bulgakov), dai tedeschi alla Rada, dall’etmano Skoropadsky ai bolscevichi, ma la sostanza non cambia e le divisioni restano: e va ricordato che il movimento anarchico e filocontadino di Nestor Machno controlla tra il 1918 e il 1921 un ampio territorio al sud (con Ekaterinoslav, Alexandrov e Guliai Polie), in una parte dell’attuale zona russofona e pro Yanukovich. Dal 1922 tutta l’Ucraina è nell’Urss mentre la Galizia orientale ha dovuto archiviare l’indipendenza e tornare alla Polonia con una fetta di Volinia.
La cura russo-staliniana anestetizza ancora una volta il territorio ucraino, che nel 1939 si arricchisce della Galizia orientale (frutto della spartizione della Polonia tra III Reich e Urss), raggiungendo così i confini attuali). Ma i nazionalisti galiziani chiedono da tempo ai tedeschi nuovamente l’indipendenza e, non appena questi attaccano l’ex alleato li anticipano nelle persecuzioni antiebraiche: il massacro di Leopoli (proprio dove ora il locale Parlamento minaccia la secessione) è attuato da ucraini in uniformi tedesche il 30 giugno 1941. Quanto agli ucraini ex sovietici, si arruolano a decine di migliaia nella Wermacht o militano nei battaglioni SS destinati a liquidare ghetti delle città dell’Est occupate o direttamente nei campi di concentramento o sterminio (come a Treblinka, dove ebbero una funzione determinante).
Finita la guerra, iniziò la resistenza antisovietica che durò sino al 1949 (e fu soffocata definitivamente nel 1955), sempre nelle zone occidentali dell’Ucraina. Forse ora, sovrapponendo gli eventi storici degli ultimi due secoli alla cartina elettorale e politica, diventa più facile capire il perché il pericoloso cocktail di nazionalisti, antisemiti, veterocomunisti e nostalgici dell’Urss, ciascun elemento geograficamente bel collocato, minaccia di far saltare un equilibrio che è sempre stato precario. Anzi, se c’è da stupirsi di qualcosa, è che l’Ucraina unita abbia retto dal 1992 a oggi.
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TAG:
Politica, Ucraina, Polonia, Simon Petliura, Romanov, Asburgo, Michail Bulgakov, Umberto Bossi, Lega, Russia, Milizia nazista, Nestor Machno, Est, Galizia
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