Manuel Baltar, Mariano Rajoy e Alberto Nuñez Feijoo.

(© Ansa) Manuel Baltar, Mariano Rajoy e Alberto Nuñez Feijoo.

C’è un uomo a Madrid al quale il collasso economico della Spagna sembra portare fortuna. È il primo ministro Mariano Rajoy, eletto nel 2011 per traghettare il Paese fuori dalla crisi.
Da quando si è seduto alla Moncloa, Rajoy ha tagliato la spesa sociale, gli investimenti per scuola e sanità, congelato gli stipendi e aumentato la pressione fiscale. Eppure, nonostante i 40 miliardi di euro di ulteriori tagli approvati a settembre e l’aumento dell’11% in un anno della disoccupazione, i risultati delle elezioni regionali di Galizia e Paesi Baschi del 21 ottobre hanno premiato il suo governo di centrodestra. E hanno azzoppato, invece, la già malandata opposizione del partito socialista (Psoe) di Alfredo Perez Rubalcaba.
LA VITTORIA DEGLI INDIPENDENTISTI. In Euskadi (come è chiamato in lingua locale il Paese basco) hanno trionfato i partiti nazionalisti.
La tensione crescente tra lo Stato centrale e le autonomie ha premiato i conservatori del Pnv con 27 seggi su 75. Mentre la nuova alleanza della sinistra indipendentista si è piazzata seconda, strappando consensi al Psoe, crollato da 25 a 16 consiglieri.
TRIONFO POPOLARE IN GALIZIA. Ancora più significativo è il risultato della Galizia, terra d’origine del primo ministro, e roccaforte del voto conservatore.
Nel serbatoio di voti di Rajoy, i popolari hanno addirittura aumentato il consenso, ottenendo la maggioranza assoluta con 41 seggi rispetto ai 38 del 2009. Mentre il Psoe ne ha persi ben sette, passando da 25 a 18.
Lo strano destino del premier spagnolo – eletto al terzo tentativo, dopo essere stato battuto due volte dal socialista José Luis Zapatero – sembra quello di vincere mentre il suo Paese affonda.

I socialisti tagliati fuori dalla fame di indipendenza

No all'austerity e dimissioni le richieste degli spagnoli al governo di Mariano Rajoy.

(© Ansa) No all’austerity e dimissioni le richieste degli spagnoli al governo di Mariano Rajoy.

In terra basca la partita sembrava già decisa. Per la prima volta in oltre 15 anni, infatti, lo scontro era tutto nel campo indipendentista.
Da una parte i conservatori del Pnv guidati da Iñigo Urkullu. Dall’altra Eh Bildu, l’alleanza dei partiti di sinistra nata dalle ceneri dell’Eta, l’organizzazione terroristica che nel 2011 – e dopo (almeno) 829 morti – ha abbandonato definitivamente la lotta armata.
NULLA DA PERDERE PER RAJOY. L’aumento delle spinte centrifughe e l’ingresso nell’arena democratica degli indipendentisti di sinistra (con un patto elettorale che va da Batasuna a Eusko) hanno colpito soprattutto il Psoe. Nei Paesi Baschi infatti i popolari, alfieri del centralismo, avevano poco da perdere.
Al contrario i socialisti erano riusciti finora a farsi interpreti del compromesso tra capitale e comunità regionali, raccogliendo nelle ultime elezioni il 30% dei consensi.
Finora, sul partito di Rubalcaba si era concentrato il voto degli autonomisti progressisti e moderati, che rivendicavano una maggiore indipendenza, ma rifiutavano la clandestinità dei partiti radicali. Ora, però, il tempo della mediazione sembra essere finito.

Galizia, prova del fuoco per il partito di governo

Alberto Nuñez Feijoo, governatore della Galizia.

(© Ansa) Alberto Nuñez Feijoo, governatore della Galizia.

Il risultato più felice per l’esecutivo di Rajoy, però, è arrivato dalla Galizia. Nella regione di Santiago di Compostela, i socialisti si sono giocati il tutto e per tutto, convinti di poter facilmente disarcionare il governatore Alberto Núnez Feijóo.
Dopo soli tre anni di amministrazione, infatti, le proteste contro le politiche di austerity hanno costretto Feijóo a ripresentarsi agli elettori per ottenere una nuova investitura.
UN TEST SU RAJOY. La Galizia poteva dunque rappresentare perfettamente le dinamiche nazionali, con il governatore esecutore delle ricette di tagli imposte da Rajoy a livello centrale.
La campagna socialista ripeteva un concetto semplice: Feijóo è Rajoy, Rajoy è Feijóo. Se scegliete l’uno, scegliete l’altro. I galiziani hanno incoronato in massa il premier. E la batosta per l’opposizione non poteva essere più dolorosa.

Ora il salvataggio Ue non è più tabù

Alberto Nunez Feijoo, attuale presidente della Galizia e candidato alle elezioni, al seggio di Vigo in Galizia.

(© Ansa) Alberto Nunez Feijoo, attuale presidente della Galizia e candidato alle elezioni, al seggio di Vigo in Galizia.

I socialisti brancolano nel buio. Dopo la notte elettorale amministratori locali ed ex ministri hanno parlato di «catarsi», «necessità di una profonda riflessione» e «tempi difficili». Mentre il centrodestra di Rajoy ha guadagnato tempo. Può accantonare temporaneamente la paura dell’emorragia di consenso. E guardare a Bruxelles più serenamente.
TEMPO PER L’EUROPA. Restano le grane delle rivendicazioni indipendentiste, prima fra tutte quelle della Catalogna pronta a novembre a votare un referendum. Ma ora il partito di governo è meno in affanno, e può rompere quello che finora è stato un tabù. Può iniziare, cioè, a parlare apertamente di salvataggio da parte dell’Unione europea.
Forte della vittoria alle amministrative, Rajoy potrà chiedere gli aiuti e abbracciare definitivamente rigore e ricette della Troika (Ue, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea).
NESSUNA ALTERNATIVA. I conservatori, insomma, hanno incassato molto. Con poco sforzo.
Per una strana legge della politica, l’obiettivo del riordino dei conti imposto dall’Ue, è stata la loro fortuna. Ha tolto a Rajoy spazio di manovra, ma lo ha anche deresponsabilizzato delle scelte impopolari.
Nonostante le strade invase dagli indignados, i socialisti non sembrano per ora un’alternativa credibile. E il premier iberico sembra essere consapevole della sua particolare posizione.
Rajoy ha applicato l’austerity alla politica: si vince facile, quando non c’è altra scelta.

Lunedì, 22 Ottobre 2012

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